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Classificare le scienze umane: il caso filosofia
Seminario Università di Padova. Dipartimento di Filosofia
Padova : 2 febbraio 2007

Filosofare è classificare, classificare è filosofare

Riccardo Ridi (Università di Venezia Ca' Foscari, ISKO Italia)


Il mio intervento avrà tre caratteristiche:

Tre sono i livelli su cui si muovono le relazioni odierne:

Relativamente ad A, nessuna classificazione è neutra [Illetterati] e anche i più moderni e sofisticati tentativi di classificare con "uno sguardo da nessun luogo" [Nagel 1986], come quelli basati sulla teoria dei livelli di integrazione [Gnoli] sono destinati a restare utopici, perchè l'obbiettivo di "seguire l'ordine naturale e logico, quindi evolutivo" [Bliss citato da Biagetti] nasconde già al proprio interno una petizione di principio, ovvero "uno sguardo da un luogo specifico", spesso bianco, occidentale, cristiano e più o meno colonialista.

Piuttosto, se già pensare è classificare, allora a maggior ragione ogni forma di pensiero e discorso organizzato ridisegnerà e riclassificherà il mondo dal proprio punto di vista, senza che tali diversi e incommensurabili schemi concettuali possano essere collocati all'interno di una unica scala gerarchica:

"I fisici, innanzitutto, giustamente leggono l'intero Universo e ciascuna sua parte come materia e energia, regolati nei loro rapporti dalle leggi della Fisica. I chimici fanno lo stesso con gli elementi e le leggi della propria disciplina, così come, in modo diverso ma analogo, i biologi, i matematici, i giuristi, gli economisti, gli storici, ecc. Il medesimo oggetto [noumeno in sè inconoscibile] può essere colto dalla limitata conoscenza umana solo attraverso il filtro di una disciplina o comunque di una qualche forma di sapere organizzato [o delle loro varie commistioni, ibridazioni e volgarizzazioni, fra cui quella che viene comunemente chiamata "senso comune"], che ne organizza, incasella, classifica una specifica faccetta, rendendola un fenomeno afferrabile e quindi pensabile." [Ridi 2001]

In filosofia non saprei, ma in biblioteconomia il pensiero può solo essere debole. Quindi "anything goes"? Quindi (riguardo a C) l'ineludibilità del punto di vista ci costringe all'anarchia e al caso nella scelta dello schema di classificazione da adottare per riorganizzare una biblioteca universitaria? No, perchè così come nello scontro fra progetti di ricerca e paradigmi scientifici antagonisti [Lakatos & Musgrave 1970] qualcosa di oggettivo da utilizzare come criterio di scelta esiste, ed è il maggiore o minore successo nel ridurre lo scontento, estremamente pratico [Granata], di chi utilizza le collezioni di tale biblioteca, consultandone l'opac o aggirandosi fra i suoi scaffali, per motivi legati alla ricerca o alla didattica (entrambi parimenti importanti in ambito universitario).

E quindi il consiglio, estremamente pragmatico, che darei a chi dovesse trovarsi di fronte a tale scelta è di domandarsi quanto la collezione da una parte e l'utenza dall'altra di tale biblioteca si discostano da quelle di analoghe biblioteche specializzate nella medesima disciplina e dislocate in altri atenei, in Italia e all'estero. Se, tutto sommato, collezioni e utenti sono sufficientemente omogenei a quelli della comunità scientifica e didattica nazionale e internazionale, allora mi affiderei a una classificazione internazionale pre-esistente, senza pretendere che sia perfetta nè in assoluto nè per le esigenze locali. Se invece collezione e utenza sono fortemente eccentriche, allora potrà valere la pena di calcolare e confrontare costi e benefici di una classificazione "fatta in casa", senza sottovalutarne le difficoltà di creazione, i costi di manutenzione e i prezzi in termini di riduzione della interoperabilità [Scolari].

Nel caso che si opti per una soluzione casalinga, occorrerà comunque confrontarsi con le classificazioni bibliotecarie e bibliografiche standard – sia generali che speciali – per trarne ispirazione, tenendo però conto soprattutto delle peculiarità della collezione e dell'utenza locale con un approccio realistico, che non indulga eccessivamente nè nella analisi nè nella sintesi:

"Si sa bene che i tassonomisti sono spesso divisi in lumpers (che amano riconoscere pochi gruppi) e splitters (che, al contrario, amano farne moltissimi): le tendenze sintetiche e analitiche formano probabilmente una polarità di base nello spirito umano." [Cavalli-Sforza 1996]

Rispetto ai due estremi dello standard internazionale e dell'invenzione locale, si colloca a un livello intermedio l'interessante proposta di Granata, che:

Per quanto riguarda gli schemi di classificazione dedicati alla filosofia illustrati nel pomeriggio [Bettella et al., Giampietro & Manzi, Frigerio, de Gaetano], un problema peculiare e ricorrente è quello della gestione degli autori "classici", che rischiano di svuotare da due lati il nocciolo semantico della disciplina:

D'altronde, pur senza arrivare a sostenere, in ambito B, che la filosofia sia un ramo della letteratura fantastica [Borges 1941] è innegabile che ciascun filosofo o scuola filosofica tenda a ridefinire una serie di termini classici alla luce dei propri concetti [Tiberi], proponendosi quasi come una disciplina a sè. Il problema, del resto, trascende l'ambito delle classificazioni bibliografiche:

"Per i metafisici le biblioteche sono ordinate secondo le varie discipline, corrispondenti ai vari oggetti della conoscenza. Per gli ironici l'ordine è dato dalle tradizioni, entro le quali ogni membro ha in parte adottato e in parte modificato il vocabolario degli autori che ha letto. Per loro gli scritti di tutti i talenti poetici, di tutti i cervelli originali con un'attitudine alla ridescrizione – Pitagora, Platone, Milton, Newton, Goethe, Kant, Kierkegaard, Baudelaire, Darwin, Freud – sono materiale per un unico torchio dialettico. I metafisici invece vogliono prima appurare chi di questi era poeta, chi filosofo e chi scienziato. Ritengono essenziale non confondere i generi, ordinare i testi secondo una griglia predeterminata che, a parte le sue eventuali altre funzioni, serva almeno a distinguere chiaramente tra ciò che pretende di avere valore di conoscenza e tutto il resto. L'ironico, al contrario, cerca di evitare di manomettere i libri che legge non usando alcuna griglia di questo genere (anche se si rende conto, con ironica rassegnazione, che gli è quasi impossibile non farlo)." [Rorty 1989]

Si tratta di una questione sostanzialmente insolubile, alleviabile solo (come altre dello stesso genere) per via elettronica, moltiplicando i punti di accesso logici e in futuro, chissà, anche le relative rappresentazioni spaziali, magari arricchendo entrambi con tag, keywords, classificazioni e punti di vista assegnati dagli utenti sulla base di folksonomie [Tallandini] anche temporanee, legate a un progetto di ricerca o a un corso di insegnamento.

Relativamente alla relazione di Bettella & Carrara devo puntualizzare, anche a nome dei numerosi bibliotecari presenti in sala, che:

Concludo tornando al titolo di questa stessa relazione, per mostrare – se ancora ce ne fosse bisogno – lo strettissimo nesso sussistente fra filosofia e classificazione, chiamando a testimoni alcuni autorevolissimi protagonisti di tali ambiti, prima con due citazioni apocrife:

"Ranganathan e Foskett uniscono le loro energiche voci nella calda raccomandazione di una regola per il metodo di ogni attività di classificazione, anzi di ogni sapere in generale. Si deve – essi dicono – soddisfare a due leggi, quella della omogeneità e quella della specificazione, in uguale misura, e non all'una a scapito dell'altra. La legge della omogeneità ci dice di raccogliere le specie, facendo attenzione alle somiglianze e concordanze delle cose, di unirle, allo stesso modo, in generi, e questi in partizioni più ampie, finchè non arriviamo infine all'unità suprema, che tutto abbraccia. [...] La legge della specificazione, invece, [...] esige [...] che noi distinguiamo bene i generi riuniti sotto un più ampio concetto di partizione multicomprensivo e poi, di nuovo, le specie superiori e inferiori comprese sotto di essi, ma che evitiamo di fare qualche salto e soprattutto di sussumere le specie inferiori o addirittura gli individui sotto il concetto di partizione più ampio." [Gatti-Fusa 2005]
"È un classificatore: vale a dire egli se ne intende nel vedere le cose più semplici di quel che sono." [Gatti-Fusa 2005]

e poi con le rispettive versioni originali, dove i termini colorati sono facilmente sostituibili:

"Il divino Platone [nel Filebo] e il prodigioso Kant [nella Critica della ragione pura] uniscono le loro energiche voci nella calda raccomandazione di una regola per il metodo di ogni filosofare, anzi di ogni sapere in generale. Si deve – essi dicono – soddisfare a due leggi, quella della omogeneità e quella della specificazione, in uguale misura, e non all'una a scapito dell'altra. La legge della omogeneità ci dice di raccogliere le specie, facendo attenzione alle somiglianze e concordanze delle cose, di unirle, allo stesso modo, in generi, e questi in partizioni più ampie, finchè non arriviamo infine all'unità suprema, che tutto abbraccia. [...] La legge della specificazione, invece, [...] esige [...] che noi distinguiamo bene i generi riuniti sotto un più ampio concetto di partizione multicomprensivo e poi, di nuovo, le specie superiori e inferiori comprese sotto di essi, ma che evitiamo di fare qualche salto e soprattutto di sussumere le specie inferiori o addirittura gli individui sotto il concetto di partizione più ampio." [Schopenhauer 1813]
"È un pensatore: vale a dire egli se ne intende nel vedere le cose più semplici di quel che sono." [Nietzsche 1882]

 


Riferimenti bibliografici

 

Thomas Nagel, Uno sguardo da nessun luogo, edizione italiana a cura di Salvatore Veca, traduzione di Antonella Besussi, Il saggiatore, 1988; cfr. in particolare p. 96-101 contro l'evoluzionismo culturale.

 

Critica e crescita della conoscenza, a cura di Imre Lakatos e Alan Musgrave, edizione italiana a cura di Giulio Giorello, Feltrinelli, 1976.

 

Luigi Luca Cavalli-Sforza, Geni, popoli e lingue, traduzione di Elena Stubel, Adelphi, 1996, p. 206.

 

Jorge Luis Borges, Tlön, Uqbar, Orbis Tertius, in Finzioni, a cura di Antonio Melis, Adelphi, 2003, p. 15-34.

 

Richard Rorty, La filosofia dopo la filosofia. Contingenza, ironia e solidarietà, prefazione di Aldo G. Gargani, traduzione di Giulia Boringhieri, Laterza, 1989, p. 92-93.

 

Eugenio Amedeo Gatti-Fusa, Classi, faccette e soggetti, Associazione italiana biblioteconomia avanzata, 2005, p. 1984.

 

Eugenio Amedeo Gatti-Fusa, ibidem, p. 2001.

 

Arthur Schopenhauer, La quadruplice radice del principio di ragione sufficiente, a cura di Amedeo Vigorelli, Guerini, 1990, p. 19-20.

 

Friedrich Nietzsche, La gaia scienza, 6a ed., nota introduttiva di Giorgio Colli, versione di Ferruccio Masini, Adelphi, 1989, p. 148, aforisma n. 189.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Filosofare è classificare, classificare è filosofare / Riccardo Ridi = (Classificare le scienze umane: il caso filosofia : seminario : Padova : 2 febbraio 2007) = (ISKO Italia. Documenti) -- <http://www.iskoi.org/doc/filosofia6.htm> : 2007.02.09 - 2007.02.15 -