ISKO Italia. Documenti

Le dimensioni dell'informazione
Giornata di studio AIB Piemonte-ISKO Italia
Torino. Biblioteca civica Geisser : 12 giugno 2004

Gettandosi nella mischia

Pierfranco Minsenti

Adesso passo la parola a Claudio Gnoli, che dovrebbe entrare più nello specifico del libro: spiegarci come è nato, e tutto quello che può sulla classificazione a faccette. Anche perché questo è il secondo libro esistente in Italia sulla classificazione a faccette: all'inizio degli anni Settanta è stato tradotto il libro di Vickery, teorico inglese del Classification Research Group; è un libro del '72: non andatelo più a cercare in libreria perché ovviamente non si trova! [La classificazione a faccette : guida per la costruzione e la utilizzazione di schemi speciali / Brian C Vickery ; a cura di ML Lucernoni -- CNR : Roma : 1972] Questo è uscito nel 2004, ed è l'unico altro libro dedicato specificatamente ed esclusivamente alla classificazione a faccette, quindi giustamente merita risalto.

Claudio Gnoli

Io ho pensato di cominciare e finire il mio breve intervento con due citazioni; spero non in modo pedante -- anche perché sono andato a prenderle in posti un po' strani -- ma più che altro per proporre un confronto tra discussioni. Ci ricolleghiamo infatti alla teoria classica dell'indicizzazione degli anni Sessanta-Settanta, ma anche a quello che sta succedendo oggi, quindi all'attualità della classificazione a faccette. È anche un modo per portare nel nostro dibattito qualche voce in più che ovviamente, provenendo dall'estero o da altri periodi, non può essere presente di persona.

La citazione del 1970 è di un'altra persona molto importante nella teoria della classificazione a faccette, oltre ovviamente a Ranganathan: Douglas Foskett, che purtroppo è morto il mese scorso, quindi anche in questo caso si tratta di qualcosa di recente. Foskett, all'inizio di un libro sulla classificazione, dice queste cose, usando tra l'altro delle immagini metaforiche abbastanza divertenti:

«Il ruolo degli schemi di classificazione nei servizi bibliotecari e documentali ha prodotto probabilmente più dibattiti di qualsiasi altra attività professionale. Ciò risulterebbe sorprendente, se la classificazione non fosse niente più di un sistema abbastanza comodo per sistemare i libri sugli scaffali. Alcuni bibliotecari pensano che sia così, e sostengono il loro punto di vista coprendo di scherno quelli che, come il Classification research group, spendono davvero anni del loro tempo in discussioni teoriche, che sembrano produrre complicazioni sempre più astruse e difficili per quello che dovrebbe essere un semplice esercizio. [...]

Nel campo da gioco adiacente, come se fosse, i sistemi computerizzati di indicizzazione e recupero menano dei gran colpi alla massa di letteratura sempre crescente, producendo risultati che impressionano gli esperti informatici ma non gli utenti delle informazioni, che sono talmente assordati dal rumore da non riuscire a sentire che cosa c'è di nuovo.»

(Classification for a general index language : a review of recent research by the Classification research group / Douglas Foskett -- Library association : London : 1970)

Come vedete, quindi, già nel 1970 si era consapevoli dell'arrivo dell'informatica e del grosso impatto che questo poteva avere; e nel contempo c'era questa situazione delle due professionalità parallele ancora non collegate. I problemi di comunicazione fra gli informatici e i bibliotecari sono una cosa di cui parliamo spesso anche oggi, non solo a proposito delle classificazioni ma anche in generale, quando si realizzano gli opac, ecc. Ci sono forse ancora adesso, purtroppo, due gruppi un po' separati. Vedremo però nella citazione finale che invece, proprio nell'attualità, le cose potrebbero finalmente cambiare, e non costituire più due "battaglie" separate.

Questo spunto volevo prenderlo anche per dire del fatto che la teoria della classificazione è una cosa considerata spesso un po' astrusa, di cui magari non ci si interessa, non ci si prende la briga di discutere più di tanto. Succede spesso che nei manuali sintetici di biblioteconomia venga citata l'esistenza della classificazione, e in particolare della classificazione a faccette, di solito c'è il nome di Ranganathan da qualche parte, ma poi se uno vuole andare a sapere bene di cosa si tratta, non trova molto. Sappiamo anche -- è un altro dei temi della giornata -- che si parla di classificazioni ma non le si usa poi tanto, a eccezione naturalmente della Dewey e, come diceva Revelli, per l'ordinamento sugli scaffali; ma le teorie piuttosto approfondite ed elaborate che sono state sviluppate nei decenni scorsi non sono molto sfruttate, e una delle idee di oggi è di chiederci come mai.

Anche da questo è nata l'idea del mio piccolo libro: dalla mancanza di riferimenti, in italiano perlomeno, che sintetizzassero questi aspetti. Siccome personalmente sono interessato all'argomento e nel frattempo sono riuscito a documentarmi un po', ho pensato di proporre di pubblicare un volumetto dell'Enciclopedia tascabile su questo argomento. Quindi mi è stato indicato di proporlo a Luigi Crocetti che è il curatore della collana; è stata una soddisfazione il fatto che Crocetti abbia accolto quest'idea molto positivamente, dicendomi anzi che egli stesso pensava che prima o poi si dovesse fare qualcosa del genere, in quanto nella collana Enciclopedia tascabile c'è già il suo volume sulla classificazione Dewey, (ora seconda edizione, di Crocetti e Fagiolini), e in un certo modo i due volumi potevano essere complementari... Be', dovremmo aggiungerci probabilmente qualcosa sulla CDU, che io non ho trattato, non essendo propriamente a faccette. Ho avuto quindi un incoraggiamento da questa accoglienza positiva del professor Crocetti, e mi sono messo a scriverlo l'estate scorsa. Devo dire che uno degli aspetti che ha reso possibile la riuscita dell'idea è stato trovare un periodo tranquillo per scrivere, in cui ci si potesse concentrare su un argomento un po' complesso -- spero non difficile da leggere, ma comunque non facilissimo da spiegare: forse se mi fossi messo a scriverlo in autunno alla fine non ci sarei riuscito, perché arrivano tutti gli impegni della biblioteca e di tutti gli altri contatti che si hanno.

Tutti noi chiamiamo informalmente "classificazione a faccette" questa parte della teoria dell'indicizzazione. In realtà sappiamo che faccetta è una parola un po' strana: una traduzione dell'inglese facet che, come ho accennato all'inizio del libro, in inglese ha un significato anche abbastanza corrente, mentre in italiano è una parola un po' strana, se non per i diamanti o per altri significati particolari, come si diceva. Infatti alcuni colleghi che gentilmente mi hanno dato qualche consiglio sullo sviluppo del testo, e in particolare Piero Cavaleri, mi hanno raccomandato di sottolineare questo problema del termine faccette, che già un po' mi ero posto. Il problema è che questo andava a incidere sul titolo, perché se noi non la chiamiamo "classificazione a faccette" ma con altre traduzioni magari più logiche, più soddisfacenti per altri aspetti, sorge un problema comunicativo. Per esempio Gatto, proprio nell'incontro del 2001 qui, aveva suggerito classificazione multidimensionale o mi sembra anche multigerarchica, su cui potremmo discutere a proposito delle varie sfumature espresse. Però chiamare il libro "Classificazioni multidimensionali" sarebbe stato un problema: già è una cosa di cui si parla poco, se poi nemmeno ci intendiamo su quello di cui stiamo parlando... Alla fine mi sono rassegnato a usare questo anglismo classificazione a faccette, che poi uso anch'io correntemente, naturalmente.

Il libro poi, quando le bozze sono state pronte, è risultato molto corto. Voleva essere in effetti abbastanza corto proprio in quanto voce di enciclopedia, ma Crocetti ha notato che è proprio uno dei più corti della collana; nel contempo mi ha suggerito comunque di non modificarlo, perché ormai era nato così e poteva anche andar bene. Non è stata una cosa voluta. Si potrebbe dire scherzando un po' che forse è l'argomento stesso a produrre brevità, così come le tavole della Colon classification sono estremamente corte rispetto ai volumoni della Dewey, e non parliamo di quelli della Library of Congress classification che sono molto numerosi; invece le faccette, permettendo la sintesi, permettono anche di avere delle tavole molto corte. Queste naturalmente non sono delle tavole: si parla in generale dell'argomento, però si potrebbe pensare che in qualche modo Ranganathan abbia ispirato brevità.

Adesso ovviamente non c'è tempo di entrare nel dettaglio delle tecniche dell'analisi a faccette, che chi vuole puo' trovare sul libro, spero in modo comprensibile e comunque sintetico. Quello che io spero si capisca anche dal testo è che, nonostante sembri un argomento piuttosto teorico, in realtà la classificazione a faccette nasce da una pratica di classificazione. Sia Ranganathan che il Classification Research Group spiegano come per individuare le faccette di una certa disciplina il punto di partenza sia molto concreto. Supponiamo che qualcuno debba fare una classificazione di architettura: comincia a raggruppare i libri che ha e vedere di quali aspetti trattano; le faccette, nell'esperienza del classificare, dovrebbero emergere proprio dalla letteratura stessa, quindi dal basso, dalla pratica di classificazione. Poi naturalmente quando si inizia a usarla in biblioteca si dovrà adottare uno schema che già esista, però un dato schema nasce da basi pratiche e non soltanto teoriche.

Questo lo spiega bene Vickery nel libro del 1972, che è dedicato alla realizzazione di schemi speciali: il sottotitolo dice "guida per la costruzione e la utilizzazione di schemi speciali". Senz'altro dà un'idea molto efficace della classificazione a faccette in generale, però non si pone il problema di avere uno schema generale a faccette. All'epoca esisteva la Colon di Ranganathan, mentre non esisteva ancora il nuovo sistema generale che il Classification Research Group progettava di sviluppare, secondo principi molto interessanti; il nuovo schema generale a faccette si realizzò poi con la Bliss seconda edizione, ma c'erano anche altri progetti.

Visto che non è un tema astratto, e anche per avvicinarci un po' all'argomento successivo delle applicazioni in àmbito web, volevo far vedere un piccolissimo esperimento di uso delle faccette che abbiamo provato a fare in AIB-WEB: l'indice del ramo della sezione "Contributi", che è una parte di AIB-WEB dove raccogliamo articoli discorsivi prodotti da colleghi su vari argomenti di biblioteconomia. Adesso non sono molti, saranno una trentina, quindi il sistema non è sperimentato a fondo; però man mano che diventano più numerosi comincia ad essere importante nell'indice in che ordine li presentiamo. Tra l'altro fra essi è da poco disponibile una traduzione dall'inglese di un articolo di Vanda Broughton che è una descrizione sintetica della classificazione Bliss. Così abbiamo detto: proviamo ad applicare queste categorie standard dell'analisi a faccette, illustrate da Broughton, usandole per l'indice di "Contributi".

Queste non sono le categorie fondamentali di Ranganathan, che come forse è più noto sono personalità, materia, energia, spazio e tempo, ma sono quelle del Classification Research Group, che derivano sempre dalla successione di Ranganathan ma sono un po' più numerose e hanno dei nomi diversi. Quindi ci siamo posti qualche problema teorico su come classificare alcuni di questi articoli (magari l'applicazione attuale e discutibile e uno può trovare delle migliorie, anzi ce le può suggerire). Non abbiamo messo una notazione perché lo schema è ancora piuttosto semplice. Comunque si può vedere come selezionando una qualsiasi faccetta, per esempio dei materiali (i supporti digitali sono considerati un materiale), questa poi si può combinare con altri soggetti. Per esempio supporti digitali può essere da solo (e qui c'è un articolo di Ridi sugli ipertesti in generale), o può essere combinato con classificazione, che invece è uno strumento, e quindi c'è un ordine di citazione tra due faccette, una di materia e una di strumento; oppure un altro tipo di strumento sono i cataloghi. Da questo esempio si può vedere un po' più praticamente, anche se non in modo perfetto, come risulta l'effettiva combinazione di faccette che appartengono a diverse categorie. Naturalmente poi la successione in cui indichiamo queste categorie deve rispettare l'ordine di citazione previsto da questo schema, che poi è quello proposto dal Classification Research Group. C'è poi un indice per autori, quindi quello sistematico non è l'unico accesso.

Un altro esempio che può valer la pena di vedere, in cui si parla o si usa la classificazione a faccette in ambito digitale, è invece un gruppo di discussione, nato da circa un anno e che si chiama, guardate un po', "the Faceted classification discussion mailing list". L'ho visto segnalato in in altro un gruppo di discussione, e mi sono detto: "Accidenti, qualcuno che parli di classificazione a faccette!" Questa è un'iniziativa di informatici in realtà, che si stanno interessando molto all'idea delle faccette. Sappiamo che c'è una tradizione diversa tra bibliotecari e informatici, e il background degli uni e degli altri è molto diverso; perciò quando alcuni parlano di "faceted classification", sebbene si riferiscano in sostanza all'analisi a faccette e quindi alla combinazione di concetti, magari applicata a un sito web, si riferiscono però a cose leggermente diverse. Questo gruppo è molto interessante, perché hanno cominciato a incontrarcisi bibliotecari e informatici e quindi a confrontarsi anche sull'uso della terminologia. Tra l'altro io e Luca Rosati ci siamo conosciuti proprio su questo gruppo. Per noi bibliotecari ci sono molte sigle e molti termini informatici che non conosciamo, e allo stesso tempo i riferimenti alla teoria nostra sono un po' vaghi. Però vale la pena, penso, di partecipare al confronto. Veniamo appunto all'aspetto dell'attualità delle faccette, e di come queste due tradizioni, l'informatica e la biblioteconomia si possano, si spera, unire in modo fruttifero.

Nel 2004 c'è qualcuno che dice: forse siamo arrivati ad essere tutti nella stessa mischia, e non più in due campi paralleli di contesa. Questa seconda citazione non solo è attuale, ma è esageratamente attuale, perché non è addirittura ancora stata pubblicata: è un intervento dei tanti che ci saranno al congresso dell'ISKO che ci sarà a Londra in luglio. In questo caso non lo dico per far pubblicità all'ISKO, ma perché sarà secondo me un momento molto importante, in quanto si terrà allo University college di Londra (questo palazzo neoclassico che si vede nella figura), che è uno dei posti dove la teoria della classificazione a faccette si è sviluppata. Tanto per cominciare Ranganathan è andato a studiare lì negli anni Venti; e passando per un negozio di Londra e vedendo il Meccano in vetrina gli è venuto in mente di fare le faccette: quindi siamo proprio nei luoghi sacri... Poi anche i rappresentanti del Classification Research Group hanno ruotato attorno allo University college o comunque a Londra. E tuttora ci sono professori e dottorandi che stanno lavorando sulla Bliss, sulla CDU, e anche su un'applicazione informatica molto interessante, FATKS.

Questo invece è un contributo di un'americana che si chiama Kathryn La Barre, e che però si è posta proprio il problema che dicevo, cioè: come mai adesso improvvisamente vediamo molto parlare di classificazione a faccette in Internet, mentre tra l'altro noi, come si diceva, non ne parliamo abbastanza?

«Il mondo sta cominciando a rendersi conto che gli strumenti dell'analisi a faccette e la teoria della classificazione a faccette possono costruire sistemi dinamici, mutevoli, robusti e reattivi.

Quelli fra noi che abitano il tradizionale mondo dell'Organizzazione della conoscenza hanno molto da mettere sul piatto, molta conoscenza da offrire e molto da guadagnare dal lavoro di costruire sistemi a faccette. Non è il momento di starsene in disparte e osservare con distacco, è il momento di gettarsi a capofitto.

Non basta che le faccette siano un tema caldo nelle liste di discussione degli architetti dell'informazione e degli specialisti di knowledge management. L'interesse per i temi caldi può raffreddarsi, non appena i sistemi da loro partoriti comincino ad avere dei problemi. I sistemi costruiti con una comprensione incompleta della teoria che cercano di applicare possono fungere da foraggio per l'argomento fin troppo comune che i problemi non dipendano dall'implementazione ma dalla teoria sottostante -- in questo caso la classificazione a faccette.

La posta in gioco è alta, la strada non sarà facile, ma è arrivato già da tempo il momento di gettarsi nella mischia.»

(Adventures in faceted classification: a brave new world or a world of confusion? / Kathryn La Barre = ISKO 2004 : Knowledge organization and the global information society : London : 13-16 July 2004. [PPT])

Qui si rivolge soprattutto ai bibliotecari, perché una delle nostre possibili reazioni è quella un po' snobistica, erroneamente snobistica, nei confronti degli informatici che non hanno basi teoriche, ma invece è interessante questa contaminazione. Quindi è un'esortazione a noi bibliotecari a dire: proviamo a interessarci di queste contaminazioni, invece di fare i puristi.

Appunto a questo proposito lascerei la parola a Luca Rosati, che da parte sua mi sembra stia facendo proprio facendo la stessa cosa, cioè è uno di quegli informatici che ritengono ci siano delle cose interessanti da imparare nella tradizione bibliotecaria. Così si è creato, tra di noi a livello italiano, tra altri a livello internazionale, un interessante scambio. Speriamo che da questa mischia, dopo che ci siamo un po' azzuffati, si possa arrivare da qualche parte.

Pierfranco Minsenti

Grazie a Claudio Gnoli per questa presentazione. È interessante vedere quell'esempio dell'utilizzo della classificazione a faccette per classificare i contributi su AIB-WEB, anche perché ha la caratteristica di non usare una notazione alfanumerica, ma di utilizzare gli equivalenti verbali, il che facilita molto l'utente. Infatti quello che di solito ci colpisce studiando la classificazione a faccette è che tutto è nato da Ranganathan, e Ranganathan lo citiamo sempre come bibliotecario che ha introdotto quelle cinque massime fondamentali, secondo cui bisogna pensare all'utente: la biblioteca per l'utente, ogni utente ha il suo libro, ogni libro ha il suo utente... ma poi di fatto la classificazione Colon, quella introdotta da Ranganathan, sembra astrusa, difficile da usare, e difficile anche per l'utente, immagino: mi piacerebbe sapere come fanno in India le biblioteche che la usano a istruire gli utenti sulla comprensione di questi simboli utilizzati. Mentre invece questo esempio che utilizza gli equivalenti verbali sicuramente va al di là di questo problema. E credo che anche gli esempi che ci farà adesso Luca Rosati ci dimostrino come in ambiente web e utilizzando gli equivalenti verbali questa metodologia faciliti il recupero dell'informazione: non ha assolutamente nulla di astruso, anzi, sembra molto semplice da usare, molto user-friendly, e questo è un aspetto che ci interessa molto.

>> Le faccette in architettura dell'informazione / Luca Rosati

 


Gettandosi nella mischia / Claudio Gnoli = (Le dimensioni dell'informazione : giornata di studio AIB Piemonte-ISKO Italia : Torino : 12 giugno 2004 : atti / a cura di Caterina Barazia e Claudio Gnoli = (ISKO Italia)) -- <http://www.iskoi.org/doc/dimensioni2.htm> : 2004.10.27 - 2006.01.05 -